Fanno capo al dirigente due distinte situazioni giuridiche soggettive, perché rispetto alla cessazione anticipata dell’incarico lo stesso è titolare di un diritto soggettivo che, ove ritenuto sussistente, dà titolo alla reintegrazione (se possibile) nella funzione dirigenziale ed al risarcimento del danno, mentre a fronte del mancato conferimento di un nuovo incarico può essere fatto valere un interesse legittimo di diritto privato, che, se ingiustamente mortificato, non legittima il dirigente a richiedere l’attribuzione dell’incarico non conferito ma può essere posto a fondamento della domanda di ristoro dei pregiudizi ingiustamente subiti (v. Cass. 13 novembre 2018, n. 29169; Cass. 1 dicembre 2017, n. 28879; Cass. 3 febbraio 2017, n. 2972; Cass. 18 giugno 2014, n. 13867);
Non vanno, dunque, confusi il diritto soggettivo al conferimento dell’incarico e l’interesse legittimo di diritto privato correlato all’obbligo imposto alla pubblica amministrazione di agire nel rispetto dei canoni generali di correttezza e buona fede nonché dei principi di imparzialità, efficienza e buon andamento consacrati nell’art. 97 Cost., sicché il dirigente non può pretendere dal giudice un intervento sostitutivo e chiedere l’attribuzione dell’incarico, ma può agire per il risarcimento del danno, ove il pregiudizio si correli all’inadempimento degli obblighi gravanti sull’amministrazione (Cass. 23 settembre 2013, n. 21700; Cass. 24 settembre 2015, n. 18972; Cass. 14 aprile 2015, n. 7495)
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