Gli accertamenti effettuati dalla datrice di lavoro rientrano nella categoria dei cd. “controlli difensivi” – che esulano dall’ambito applicativo dell’art. 4 co. 2 della legge n. 300 del 1970 – quando si tratta di verifiche dirette ad accertare comportamenti illeciti e lesivi dell’immagine aziendale e costituenti, astrattamente, reato (Cass. n. 2722 del 2012; Cass. n. 10955 del 2015). Inoltre, nel caso esaminato dalla S. C., si è trattato di controlli disposti ex post, ossia dopo l’attuazione del comportamento in addebito, così da prescindere dalla mera sorveglianza sull’esecuzione della prestazione lavorativa (Cass. n. 13266 del 2018) e che non può ritenersi in alcun modo compromessa la dignità e la riservatezza dei lavoratori, atteso che non corrisponde ad alcun criterio logico-sistematico garantire al lavoratore, in presenza di condotte illecite sanzionabili penalmente o con sanzione espulsiva, una tutela maggiore di quella riconosciuta a terzi estranei all’impresa (Cass n. 10636 del 2017).
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