E’ infondata la censura con cui, in sostanza, si chiede l’autonoma risarcibilità del danno morale di tipo soggettivo, anche in assenza del danno biologico o di altro evento produttivo del danno patrimoniale ex art. 2059 e 1226 c.c., in combinato disposto con l’art. 32 Cost., come affermato da Cass. SS.UU. n. 26972 del 2008, recentemente confermate dalla Sezione Lavoro (Cass. 27.2.2019 n. 5747; Cass. 20.08.2019 n. 21460), che hanno escluso sia la tesi che identificava il danno non patrimoniale nella lesione stessa del diritto (danno – evento) sia quella costituita dalla affermazione che, nel caso di lesione di valori della persona il danno sarebbe in re ipsa, in quanto si è osservato che entrambe le posizioni avrebbero snaturato la funzione del risarcimento in quella di una pena privata per un comportamento lesivo.
A conclusioni non dissimili si perviene con riguardo al cd. “danno esistenziale”.
Va premesso, al riguardo, che, secondo Cass. 9.11.2018 n. 27482, il danno non patrimoniale, con particolare riferimento a quello cd. esistenziale, non può essere considerato in re ipsa, ma deve essere provato secondo la regola generale dell’art. 2697 c.c., dovendo consistere nel radicale cambiamento di vita, nell’alterazione della personalità e nello sconvolgimento dell’esistenza del soggetto.
Ne consegue che la relativa allegazione deve essere circostanziata e riferirsi a fatti specifici e precisi, non potendo risolversi in mere enunciazioni di carattere generico, astratto, eventuale ed ipotetico.
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