La Corte di Cassazione in questa recente sentenza torna a ribadire principi consolidati in materia di discriminazione basata sul sesso ovvero sulla maternità (nel caso di specie, la ricorrente lamentava la mancata stabilizzazione del rapporto di lavoro). Secondo gli ermellini, l’art. 40 D.L.gs n. 198 del 2006 non stabilisce un’inversione dell’onere probatorio, ma solo un’attenuazione del regime probatorio ordinario, prevedendo a carico del soggetto convenuto, in linea con quanto disposto dall’art. 19 della Direttiva CE n. 2006/54 (come interpretato da Corte di Giustizia Ue 21 luglio 2011, C-104/10), l’onere di fornire la prova dell’inesistenza della discriminazione, ma ciò solo dopo che il ricorrente abbia fornito al giudice elementi di fatto, desunti anche da dati di carattere statistico, relativi ai comportamenti discriminatori lamentati, purché idonei a fondare, in termini precisi (ossia determinati nella loro realtà storica) e concordanti (ossia fondati su una pluralità di fatti noti convergenti nella dimostrazione del fatto ignoto), anche se non gravi (Cass. n. 14206 del 2013).
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